Un matrimonio, un funerale, per non parlar del gatto

Francesco Guccini ha scelto un titolo a dir poco singolare per il suo ultimo libro, uscito qualche mese fa, nel 2015. Il cantautore riunisce in una raccolta chiamata, appunto, Un matrimonio, un funerale, per non parlar del gatto, tredici racconti che mi piace immaginare ripescati dalla sua stessa memoria, poi non so.

Il libro, che inizia con una premessa, Fotografie, è diviso in quattro categorie, ognuna delle quali contiene a sua volta tre o quattro capitoli:

  • RITI DI PASSAGGIO (Il matrimonio, Il sarto, La scuola, Il funerale)
  • FANTASMI (Il lago, Il gatto, Sabrina)
  • SULLA STRADA (L’Americano, La donna che cantava in poesia, Il mercato)
  • MATTI (Il maldocchio, Il ciclista, L’uomo che reggeva il cielo

Nonostante la scrittura precisa ma molto scorrevole dell’autore faccia da riconosciuto filo conduttore dalla prima all’ultima pagina, mi piace pensare che siano suoi ricordi personali, da quando era ragazzino a quando era un po’ più grande.

Ne Il matrimonio, racconto d’apertura, Guccini narra una tipica festa di nozze avvenuta nel 1948, a cui lui aveva partecipato in tenera età. Racconta la cerimonia, i canti, i doni, il rinfresco ricco di cibo e vino, i brindisi agli sposi, il ballo. Conclude con una riflessione dolceamara: riconosce che ormai la maggior parte dei partecipanti al matrimonio se n’è andata.

“Apparsi un momento e ora tutti scomparsi, senza lasciare traccia di sé, come è scomparsa quell’epoca, quel modo di essere e di vivere. Di quel giorno è rimesto solo qualcuno dei ragazzetti che si erano ammazzati per raccogliere i confetti lanciati a festeggiare gli sposi, in quella giornata d’estate del 1948.”

Non può che suscitare in me un’indicibile nostalgia per un’epoca che non ho mai vissuto.

Ne Il funerale il cantautore descrive il rituale secondo cui si svolgono i funerali lì dove vive lui. Si tratta della morte di un uomo, Gigi, nato nel ’24, che quindi aveva ottantanove anni: ne sono rimasti pochi degli anni ’20, degli anni ’30. Ed ecco che si arriva alle solite chiacchiere tra paesani, che rammentano episodi della vita del defunto e non solo. Della lunga vita di Gigi, non si ricordano che pochi episodi.

guccini

Cambiando categoria (Fantasmi), si giunge a Il gatto, storia che fa sorridere teneramente. Parla della signora Tina, che, stando a quanto è scritto, abitava in una casetta appena sotto a quella dell’autore, e del suo gatto, Pallino. Guccini e la signora Tina si trovavano spesso dal veterinario con i rispettivi gatti, ma non si conoscevano bene. Quando la signora Tina, un personaggio dolcissimo, comprende che le resta poco da vivere, si reca dal suo vicino a chiedergli di occuparsi di Pallino quando lei non ci sarà più, lui accetta. Qualche tempo dopo, viene a sapere che la signora Tina è morta, così l’autore si mette a cercare Pallino, finché non se lo ritrova dentro casa, per qualche sera. Solo successivamente scoprirà, dal veterinario, che Pallino è morto di un tumore prima della signora Tina, che è stata colta da un infarto. La mattina dopo un prete andò a casa dello scrittore per benedirla prima di Pasqua…

“Si fermò un poco con me forse incuriosito da uno che si procura da vivere scrivendo storie. […] Da quel giorno non ho più visto Pallino. O quello che era.”

L’americano ha come protagonista un ragazzo italiano, Rico, emigrato in America che, dopo due anni decide di tornare a casa. Aveva lavorato nelle mine e quindi racconta della sua esperienza al resto della famiglia, che, invece, è rimasta nella quotidianità, e vedeva la lontana America molto simile al proprio paesino. Afferma che è tornato per sposarsi e che una volta trovata moglie, tornerà di là, perché sposati si sta meglio. Contrariamente ai suoi programmi, però, decide di non rimanere, perché capisce che ormai la sua casa è di là.

In una vacanza estiva di circa cinquant’anni fa, un gruppo di ragazzi si ritrova su un paesino dell’Appennino. In una di quelle calde giornate, durante una passeggiata, un uomo anziano li saluta e attira la l’attenzione dei giovani. Così racconta loro del posto, dei boschi, di come vive, delle stagioni e regala loro dei porcini. Ad un certo punto, Guccini gli chiede come mai d’inverno, per scampare al problema della neve, non vada a stare giù in paese. La risposta del vecchio è molto poetica:

“E’ che devo tener su il cielo.” […] “Se non ci penso io!”

I ragazzi si domandano cosa abbia provocato questa follia in lui, non essendo nemmeno sicuri che fosse matto davvero. In seguito, il vecchio è stato trovato morto.

“Il cielo, come tutti possono constatare, non è ancora caduto. Ma un giorno, uno di questi giorni, chissà.”

L’uomo che reggeva il cielo è un altro racconto squisito, davvero tenero, che conclude in bellezza questo libro affettuoso. Affettuoso perché sembra starti vicino, sembra una serie di storie raccontate dalla voce lontana di un nonno prima che il nipote si addormenti.

Francesco_Guccini_1

Leggerlo è stato molto confortante, credo proprio che la bravura di Francesco Guccini non mi deluderà mai. Non so se ciò che scrive sia reale o romanzato, ma la verità che ritrovo nelle sue storie, così come nelle sue canzoni, non smette di scaldarmi il cuore, forse proprio perché lui ci mette il suo; i sentimenti e le sensazioni di cui racconta mi fanno sentire meno sola, ed è sempre importante sapere che non sei l’unica al mondo che si sente così.

Grazie, mito.

2 pensieri su “Un matrimonio, un funerale, per non parlar del gatto

Lascia un commento